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NOTIZIE BIOGRAFICHE |
| | NSC | Notizie biografiche | Giambatista Beccaria (al secolo Francesco Ludovico) nacque a Mondovì il 3 ottobre 1716.
Nel 1732 si trasferì a Roma per entrare nell'Ordine degli Scolopi, o Chierici regolari delle Scuole Pie, e cambiò il suo nome in Giambatista. Studiò a Roma e a Narni e cominciò la sua carriera pedagogica nel 1737, insegnando grammatica e retorica nelle scuole scolopie di Narni, Urbino, Palermo e, dal 1744, Roma, dove insegnò filosofia.
Nel 1748, essendo venuto a mancare il P. Garro, docente di Fisica presso l'Università di Torino, fu chiamato da re Carlo Emanuele III ad occupare tale cattedra.
A Torino rinnovò l’insegnamento della fisica, dandogli un carattere sperimentale, decisamente contrapposto all'atteggiamento cartesiano dei suoi predecessori.
Di fatto Beccaria ebbe il grande merito di introdurre per primo le massime di Galileo e di Newton e, soprattutto, le teorie Frankliniane.
Il primo prodotto dei suoi studi fu la pubblicazione, nel 1753, dell'opera "Dell'elettricismo artificiale e naturale libri due". L'opera, apprezzata dallo stesso Franklin, presenta gli elementi della nuova teoria in modo chiaro e logico, li illustra con varianti agli esperimenti di Franklin, e cerca di spiegare fenomeni meteorologici e geofisici come manifestazioni dell'elettricismo naturale. Gli avversari lo contrastarono al punto di pubblicare una critica ancor prima che l'opera vedesse la luce, ma gli diedero in tal modo l'opportunità di rispondere nel libro stesso, accrescendo quindi maggiormente la sua reputazione.
Gli inizi dei suoi studi di carattere astronomico furono determinati da due eventi: il passaggio della cometa nel 1759 e l'affidamento della misura dell'arco del meridiano di Torino.
Infatti, avendo saputo che nel 1759 si attendeva il ritorno della cometa predetta da Halley e già comparsa nel 1531, 1607 e 1680, cioè ad intervalli di circa 75 anni, fece costruire una macchinetta d’ottone rappresentante l'orbita della Terra e l'orbita della cometa, e la presentò al principe di Piemonte Carlo Emanuele I, spiegando la teoria di questi corpi celesti. Carlo Emanuele rimase talmente interessato che lo incaricò di far costruire un telescopio di 40 piedi che collocò nel giardino reale e che utilizzò spesso per osservare i satelliti di Giove e di Saturno.
Nello stesso anno 1759 P. Ruggero Boscovich, di passaggio per Torino, convinse il Re della necessità di far misurare l'arco di un meridiano in Piemonte, e l’incarico fu affidato a Beccaria. Nel maggio 1760 cominciò a misurare la base lungo la strada di Rivoli, assistito dal suo collaboratore Domenico Canonica.
Nel 1761 fecero l'osservazione del passaggio di Venere sul Sole nel giardino reale nel quale era stato posto il cannocchiale.
L’opera fu pubblicata ben 14 anni dopo l'inizio delle osservazioni, nel 1774, col titolo "Gradus Taurinensis", ma il metodo utilizzato per la misurazione fu criticato aspramente in particolare dal celebre astronomo francese Cassini. Alle sue critiche rispose in forma anonima nel 1777 con sette lettere in sua difesa dal titolo “Lettere di un Italiano ad un Parigino sul Grado Torinese”.
Le critiche di Cassini furono completamente confutate quasi mezzo secolo dopo da Giovanni Plana. Nel 1809 era infatti iniziata una verifica della misura del Gradus da parte di una commissione di ingegneri geografi, che fu condotta a termine nel 1820 sotto la direzione di Plana. I risultati dimostrarono finalmente che il Gradus misurato dal Beccaria differiva di soli 13" da quello misurato dalla Commissione, e quindi si stabilì una volta per tutte che le critiche che Cassini aveva sollevato a Beccaria al tempo della pubblicazione di quell'opera erano da considerarsi infondate. Infatti l'errore di Beccaria era lievissimo, se si tiene conto dell'imperfezione degli strumenti che utilizzò.
La misura del grado dell'arco meridiano non distolse Beccaria dallo studio dei fenomeni elettrici; per i suoi esperimenti aveva fatto costruire un piccolo laboratorio-osservatorio a Garzegna (presso Mondovì) dove, malgrado la diffidenza dei contadini locali, riuscì a compiere parecchie osservazioni sull’elettricità atmosferica.
Nel 1778 si ammalò gravemente e morì a Torino, dopo tre anni di sofferenze, il 27 maggio 1781.
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