Lo strumento, che probabilmente proviene dalla Società Astronomica Italiana, fu realizzato dall’ottico ed astronomo svizzero Emile Schaer (1862-1931) tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento. L’obbiettivo è costituito da un doppietto di 10.5 cm di apertura e 135 cm di focale, montato su una ghiera metallica. La ghiera, che ha diametro di 17.5 cm, poggia su un sostegno metallico a U e può essere fissata al corpo della camera, il quale aveva una lunghezza pari alla focale dell’obbiettivo, tramite sei viti. Sul bordo della ghiera sono fissate, diametralmente opposte, due alette a cui è imperniato il cilindro metallico dove è alloggiato il prisma che ha un diametro di 11.8 cm ed un angolo rifrangente di 21°.
Alla base del cilindro, nel piano perpendicolare al piano dei perni vi sono due viti diametralmente opposte che, insistendo sulla ghiera, permettono di regolare l’inclinazione del prisma rispetto all’obbiettivo. La dispersione della camera prismatica è di 55 ≈/mm a 430 nanometri.
Il prisma obbiettivo, o camera prismatica, fu inventato da Joseph von Fraunhofer (1787-1826) all’inizio dell’Ottocento. Con uno strumento di questo tipo Fraunhofer eseguì le prime osservazioni spettroscopiche di stelle.
A causa delle difficoltà che presentava il suo uso e la necessità di due operatori per compiere le osservazioni, le ricerche spettroscopiche stellari vennero inizialmente abbandonate e riprese soltanto a partire dal 1860 grazie al lavoro di Giovan Battista Donati (1826-1873).
Accanto agli spettroscopi, che Angelo Secchi (1818-1878) chiamava assoluti poiché permettevano il confronto dello spettro stellare con uno di laboratorio, tornarono in uso i prismi obbiettivi con i quali, tuttavia, si potevano eseguire solo misure differenziali. Infatti, l’identificazione delle righe spettrali poteva essere ottenuta lasciando sfilare, a cannocchiale fisso, lo spettro rispetto ad una linea di riferimento e cronometrando i tempi di passaggio delle righe.
Per adattare ad un uso spettroscopico i cannocchiali di maggiori dimensioni, anteponendo un prisma all’obbiettivo, fu necessario utilizzare prismi con modesto angolo rifrangente. Ad esempio, Secchi utilizzò un prisma avente angolo rifrangente di 12° applicato ad un obbiettivo di 16 cm di apertura.Se da una parte il prisma obbiettivo consentiva solo misure differenziali, dall’altra aveva il grosso vantaggio di permettere di studiare oggetti molto più deboli di quelli raggiungibili con lo spettroscopio grazie alla maggiore efficienza fotometrica della camera prismatica che aveva un minor numero di elementi ottici di uno spettroscopio e mancava di fenditura.
Nel 1945 il prisma obbiettivo fu montato a lato del rifrattore Merz-Repsold e, grazie a un dispositivo per allargare gli spettri, fu adattato alla ripresa fotografica in modo da facilitare le misure spettrofotometriche. A partire dalla metà degli anni Cinquanta il prisma obbiettivo venne utilizzato con un calibratore di lastre fotografiche.