Il periodo dell'accademia delle scienze
L’inizio dell’insegnamento dell’astronomia a Torino e la necessità di dotare l’ateneo piemontese di un Osservatorio Astronomico risalgono al primo decennio del XVIII secolo. Un primo accenno alla necessità di costruire una Specola si trova nel Progetto per il stabilimento dell’Università de’ studi in Torino voluto da Vittorio Amedeo II nel 1714. Oltre a precisare le materie che si sarebbero insegnate nella nascente Università, venivano indicati i locali necessari per l’insegnamento e le sale riunioni che avrebbero dovuto essere
“[…] una sala per la biblioteca con camerino attiguo per li libri prohibiti et manuscritti scielti et altro camerino per comodità delle persone più distinte per scrivere et raccogliere memorie. […] Al di sopra della fabrica, e sopra il tetto d’essa una gran Camera, o osservatorio astronomico per la mathematica cioè un belvedere grande fatto a fenestroni con li vetri.”
Alla fine del 1714 Filippo Juvarra, uno dei principali esponenti del Barocco, venne nominato Primo Architetto Civile di Sua Maestà ottenendo così il cantiere del Palazzo dell’Università e tutti gli altri cantieri civili di proprietà regia. Tuttavia, alla sua partenza da Torino, avvenuta nel 1735, il Palazzo dell’Università era ancora sprovvisto di una Specola. Solo attorno al 1740, quando l’architetto piemontese Bernardo Antonio Vittone, allievo di Juvarra, assunse sia l’incarico di perito Magistrato della riforma che la manutenzione dell’edificio. In questo modo la situazione iniziò ad evolversi. Il progetto proposto dal Vittone per la realizzazione di un Osservatorio Astronomico purtroppo non ebbe seguito e solo nel 1761 si decise di adibire a Specola una torretta in via Po.
La tradizione fa risalire la fondazione dell’Osservatorio di Torino al 1759 quando padre Giovanni Battista Beccaria, professore di Fisica presso l’Università sabauda, colse l’occasione del passaggio della cometa di Halley per illustrare al re Carlo Emanuele III i suoi studi di carattere astronomico. Egli “fece costruire una macchinetta d’ottone rappresentante l’orbita annua della terra, e l’orbita della cometa, che s’attendeva, e la presentò a S.A.R il principe di Piemonte venendogli spiegando la teoria di questi corpi celesti; e quando poi comparve andava in Corte la notte a farla vedere”. Si dice che il Re fosse rimasto talmente interessato alla scienza astronomica che chiese al Beccaria di costruire un telescopio “di 40 piedi, il quale con la sua assistenza riuscì perfettissimo e fu collocato nel reale giardino, dove S.M. si prese piacere più volte di osservare i satelliti di Giove, e di Saturno, le fasce di quello, e l’anello di questo e le fasi di Venere …”. Nello stesso anno padre Boscovich convinse il re della necessità di far misurare un arco di meridiano in Piemonte, così come era già stato fatto da alcuni sovrani nel loro stati, e di affidare l’incarico a padre Beccaria. A seguito dell’incarico regio nel 1761 venne messa a disposizione di padre Beccaria una piccola torretta posta sul palazzo di proprietà del conte Maurizio Orazio Fresia d’Oglianico all’inizio di via Po. I lavori di trasformazione di tale torretta in Specola, eseguiti tra agosto e dicembre 1761, vennero affidati all’architetto Vittone seguendo le richieste del Beccaria mentre le osservazioni celesti e quelle geodetiche vennero condotte mediante strumenti mobili, che presentavano grandi difficoltà di taratura e messa a punto.
Il resoconto di questa misura fu pubblicato da Beccaria nel 1774 nel volume “Gradus Taurinensis”, che pero’ suscito’ una polemica che si protrasse per un cinquantennio dato che i risultati contenuti nel “Gradus” erano in forte disaccordo con quelli di simili operazioni condotte in altri paesi europei. La torretta sul palazzo Fresa d’Oglianico restò in affitto all’Università fino alla fine del 1791 e fu utilizzata da padre Domenico Canonica che, nel giugno del 1781 dopo la morte del Beccaria, aveva preso il suo posto alla cattedra di fisica sperimentale.
Intanto il 28 giugno dello stesso anno il re Vittorio Amedeo III, figura emblematica dell’assolutismo illuminato, si recò in visita all’Accademia delle Scienze e decise di dotarla di un Osservatorio. Il progetto venne affidato a Francesco Feroggio, rampollo di una nota famiglia di architetti qualificato sia come architetto civile che idraulico e quindi con una perfetta conoscenza delle macchine. Questa specializzazione era diventata fondamentale in quanto le osservazioni moderne dovevano svolgersi mediante strumenti fissi che pertanto richiedevano un approccio progettuale completamente diverso. L’11 luglio 1789 il Feroggio presentò un primo disegno in cui prevedeva di innalzare, sul lato sud dell’edificio, una torre quadrata tuttavia il Presidente dell’Accademia, in accordo con il Segretario, ritenne che sarebbe stato opportuno che il Feroggio si recasse a Milano per esaminare la Specola di Brera che era considerata una delle migliori concepite. Il 4 dicembre dello stesso anno il Feroggio, di ritorno da Milano, presentò un secondo progetto influenzato da quanto visto a Milano. I lavori di costruzione terminarono nel novembre dell’anno successivo e l’Osservatorio venne ufficialmente inaugurato il 30 novembre del 1790 durante una pubblica adunanza dell’Accademia in cui fu consegnata al Feroggio una medaglia d’oro di duecento lire “per la singolare maestria e somma diligenza con la quale aveva condotto la difficile fabbrica della Specola”. Nel 1791 il Magistrato della Riforma decise di consegnare all’Accademia gli strumenti che erano depositati presso l’Osservatorio dell’Università tra i quali il settore e il quadrante utilizzati dal Beccaria per la produzione del “Gradus”, alcuni mobili e libri.
L’Accademia delle Scienze ufficializzò la carica del direttore della Specola solo nel 1813. Fino ad allora coloro che vengono indicati tradizionalmente come i successori del Beccaria nella direzione dell’Osservatorio, Tommaso Valperga di Caluso e Antonio Maria Vassalli Eandi, si alternarono avvicendandosi più volte nella direzione della Specola. Le ricerche astronomiche iniziarono nel 1812 quando alla direzione dell’Osservatorio venne nominato Giovanni Plana che due anni prima era subentrato a Valperga nell’insegnamento di Astronomia presso l’Osservatorio di Torino. Nei primi anni della direzione di Plana, fra il 1814 e 1816, un’accesa controversia divise l’Accademia delle Scienze dell’Università in merito alla proprietà della Specola e del Museo di Storia Naturale, che entrambe reclamavano. La questione fu solo momentaneamente risolta con un Regio Biglietto del 30 aprile 1816 in cui venne stabilito che entrambi gli istituti appartenessero all’Accademia. Nello stesso anno il re dispose che l’Università doveva restituire la somma di 7500 franchi a titolo di pagamento degli strumenti astronomici e delle spese che il Magistrato della Riforma aveva ordinato al museo. Grazie a ciò Plana riuscì ad ottenere i primi fondi per l’acquisto di strumenti più moderni come un teodolite di Reichenbach. Tuttavia, durante tutto il 1816 continuarono le discussioni fra Accademia e Università che si conclusero solo nel marzo del 1817 quando il re stabilì che la Specola dovesse essere gestita dall’Accademia mentre il Museo di Scienze Naturali diventava dell’Università. Inoltre, venne stabilito che alla Specola spettasse una rendita annua di 3000 lire che, sebbene insufficiente alle necessità, era un’entrata fissa su cui Plana poteva contare. Negli anni successivi egli riuscì ad acquistare un circolo meridiano, un circolo moltiplicatore, un’equatoriale e altri strumenti. Negli anni dal 1812 al 1818 Plana compì numerose osservazioni astronomiche occupandosi, oltre a determinare gli elementi fondamentali latitudine e longitudine con ripetute osservazioni del Sole e della Polare, si dedicò ad alcuni problemi di astronomia fondamentale allora in discussione, come la determinazione dell’obliquità dell’eclittica presentando i suoi lavori alle adunanze dell’Accademia che approvava la loro pubblicazione nei volumi 22 e 23 delle Memorie. Per completare la rassegna dei lavori astronomici condotti in quegli anni, in cui l’osservatorio si trovava nella sua seconda sede, dobbiamo accennare al fatto che per un breve periodo tra la fine di settembre e i primi di ottobre 1809, ebbe ospite il celebre barone Franz Xavier von Zach, che desideroso di rivedere i controversi risultati del “Gradus” effettua anch’egli una serie di misure astronomico-geodetiche e pubblicò una corposa memoria sul volume per gli anni 1811-1812.
Plana però non era soddisfatto della collocazione della Specola sul palazzo dell’Accademia perché’ non presentava la solidità richiesta per l’installazione dei nuovi strumenti e non offriva né una cupola girevole facile da muovere né le fenditure necessarie per le osservazioni degli astri in meridiano. Pertanto, il re, che aveva già finanziato Plana per l’acquisto degli strumenti, accolse la richiesta dell’astronomo volta ad ottenere un locale adatto ad adibire a nuovo Osservatorio e concesse una delle quattro torri antiche situate agli angoli di Palazzo Madama: Plana scelse quella nord-occidentale. I lavori di costruzione terminarono verso la metà del 1822 e nel luglio dello stesso anno, Plana trasferì nel nuovo osservatorio tutti gli strumenti astronomici posseduti e curò l’installazione del nuovo circolo meridiano di Reichenbach-Ertel in una cupola dedicata.
Nel 1821 i governi piemontese ed austriaco sottoscrissero un accordo per la misura di un arco di parallelo alla latitudine media +45° che avrebbe permesso il raccordo tra la grande triangolazione di Francia e quella austriaca coprendo il tratto alpino sabaudo. Delle misure si sarebbe occupata una commissione mista composta da ufficiali dello stato maggiore dei due eserciti per le operazioni geodetiche, e da due astronomi, uno per ciascuna nazione, per quelle astronomiche. L’astronomo piemontese era Plana, mentre quello austriaco era Francesco Carlini, che essendo allora a Brera-Milano era suddito asburgico. I risultati furono compendiati in due volumi pubblicati nel 1825-1827: “
Opérations Géodésiques et Astronomiques pur la mesure d’un arc du parallèle moyen exécutées en Piémont et en Savoie”. Nell’ambito di queste operazioni Plana approfittò per una revisione generale della discussa opera del suo predecessore Beccaria, riabilitandolo almeno in parte, dato che la grande discordanza di quelle misure era in realtà da attribuire al fatto che gli estremi dell’arco misurato si trovavano a cavallo di una forte anomalia gravitazionale.
Negli anni successivi Plana si occupò soprattutto di lavori di meccanica celeste e meccanica razionale. La sua opera maggiore, pubblicata nel 1832 in tre volumi è la “
Théorie du mouvement de la Lune” che gli valse numerosi riconoscimenti tra cui, dal 1851, la carica di Presidente dell’Accademia delle Scienze, che tenne fino alla morte dopo aver retto le sorti dell’osservatorio per un cinquantennio.
Pochi giorni dopo la morte di Plana, avvenuta il 20 gennaio 1864, l’Accademia delle Scienze chiese al Ministero dell’Istruzione di essere esonerata dall’amministrazione dell’Osservatorio.